“E’ possibile che per acquistare una casa prefabbricata in legno mi chiedano un anticipo di quasi 40.000 € al contratto, imponendomi di stipulare una costosa fidejussione bancaria prima del montaggio e che debba pagare quasi il 100% della costruzione al grezzo? Sto seriamente pensando di trovare un’impresa di costruzioni, almeno con loro mi posso mettere d’accordo. Oltrettutto la banca appena ho esposto le richieste della ditta di case prefabbricate, ha sollevato parecchi dubbi”.
Comprendo le sue perplessità, soprattutto se il problema non è stato posto sin dall’inizio dall’agente della ditta di case prefabbricate da lei scelta. Procediamo per punti.
Questione anticipo. La ditta le chiede, in effetti, una cifra importante, suppongo essere in percentuale rispetto al prezzo di contratto. Non conosco l’importo totale della sua abitazione, per cui potrebbe essere un 10 o un 20%. Vi sono aziende di case prefabbricate che chiedono una somma forfettaria piuttosto bassa per bloccare il prezzo dell’abitazione per un periodo piuttosto lungo, solitamente 12 mesi. Bisognerebbe poi capire se tale caparra può essere restituita o vi sono penali. Il mio personalissimo punto di vista è che l’anticipo dovrebbe essere ragionevole e restituibile al cliente prevedendo dei diritti di recesso, perlomeno legati all’erogazione del finanziamento, l’acquisto del terreno o l’ottenimento del permesso a costruire. Faccio un esempio banale. Supponiamo di firmare un contratto prima di avere in mano una concessione edilizia e che il Comune ci neghi la possibilità di costruire. La volontà del cliente in questo caso resta quella di realizzare la propria abitazione, in assoluta buona fede. Il danno, qualora la ditta di case in legno si facesse scudo della caparra versata, sarebbe duplice ed ingiusto. L’anticipo, quindi, è senz’altro un diritto dell’azienda, che si impegna a mantenere invariato il prezzo (anche a fronte di aumenti di listino o dei propri fornitori) per un lungo periodo, ma deve essere equilibrato.
Questione fidejussione. In questo caso il motivo è molto semplice. Supponiamo che, per motivi del tutto indipendenti dalla volontà del cliente, la casa sia già stata campionata e mandata in produzione, ma non montata in cantiere e che subentrino cause di forza maggiore per cui non si possa più fare fronte all’esborso. Le cause possono essere molte, dalla mancata vendita della vecchia abitazione ad un licenziamento, a problemi di salute o peggio (si tocchi pure….).
Il concetto è banale. Quella casa è sua! Non è montata, ma è unica ed irripetibile e di certo non può essere rivenduta a terzi o smontata. La fidejussione è inevitabile e garantisce la ditta del pagamento. Ovviamente è un costo (si faccia valere con la sua banca), ma è una garanzia che ci deve sempre essere.
Veniamo infine ai pagamenti. Anche in questo caso ogni ditta di case prefabbricate ha le sue procedure. Resta il fatto che il montaggio del grezzo comporta anche l’ordine di tutto il materiale di finitura e la stipula dei contratti con impiantisti, pavimentisti e montatori. Sono spese vive che vanno pagate inevitabilmente, considerando i tempi brevissimi del cantiere. Solitamente resta esclusa una piccola cifra a saldo finale (5 o 10%) che resta in mano al cliente a garanzia della buona esecuzione di tutti i lavori.
Purtroppo le banche (ed i periti incaricati) fanno fatica a comprendere che non siamo di fronte ad un cantiere tradizionale con i suoi tempi di costruzione lunghi ed i classici “stati di avanzamento dei lavori”.
Una casa prefabbricata si realizza in stabilimento in un paio di mesi, si monta velocemente e si finisce in poco tempo. Quando anche in Italia si cominceranno a diffondere capillarmente le case in legno, anche gli istituiti bancari si adegueranno e agevoleranno i loro clienti.
Attualmente non si può negare che qualche difficoltà (comunque superabile) si possa incontrare.
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